Diversi amici mi chiedono o mi hanno chiesto “come mai vai a Singapore?”. Ho pensato di scrivere dei post, anche per fissare nella memoria quello che vedo e sento. Scrivo di getto, quindi perdona eventuali incongruenze o inesattezze, che correggerò prontamente.
Alla domanda iniziale non c’è una risposta precisa: non sono qui per fare business, anche se ho incontrato dei contatti che avevo e domani andrò ad Hong Kong dove si terrà la conferenza UX Hong Kong. Ma la conferenza è stata un pretesto, la verità è che per una volta volevo annusare un’aria nuova e completamente diversa.
In realtà, come altre volte in passato, ho sentito l’esigenza di prendermi una “settimana sabbatica” per ampliare i miei orizzonti. Credo sia una pratica che molti dovrebbero adottare. Gli anni scorsi sono stato diverse volte in UK e altri paesi europei. Ho pensato di andare in america, ma poi mi son detto: dov’è che si sta muovendo il mercato oggi? E ho pensato all’Asia. E se pensi all’Asia, Singapore e Hong Kong sono le metropoli del business tecnologico.
Non mi sono sbagliato: le persone che sto incontrando mi stanno raccontando delle storie incredibili e per me è un salto (anche socio-culturale) pazzesco. Tanto per dirne una, qui la user experience è considerata strategica dalla maggior parte dei marketing manager (in Italia invece il grosso budget è in adv).
In particolare, esistono dei programmi di sviluppo che consentono alle aziende di scaricare il 400% dei costi dovuti a progetti di user-centered design (fino a un massimo di 2ML di sg-dollari): significa che il governo pensa che l’innovazione debba passare per il miglioramento dei servizi e dei prodotti, prima che dallo sviluppo software o dall’acquisto di hardware.
Per dire che, se prendiamo l’Italia, l’innovazione la immaginiamo sempre e solo rivolta a beni materiali (siamo pur sempre il paese “del mattone e del cemento”): l’infrastruttura tecnologica, la banda larga, l’hardware, il software. Prodotti e servizi tangibili o già presenti sul mercato. Loro sono andati oltre: prodotti e servizi devono funzionare, altrimenti non creano innovazione.
Altro esempio: qui le nuove aziende si possono costituire in 2-3 ore direttamente online (ripeto: in 2-3 ore apri la tua azienda e puoi subito operare). Ci sono diversi programmi di finanziamento e incentivazione allo sviluppo: per esempio lo stato ti finanzia dal 50% al 70% dei costi per progetti di innovazione. E non parliamo solo dei costi tecnologici, ma anche delle consulenze. Chiaramente c’è un comitato che si occupa di valutare attentamente anche i business plan, c’è un accountant che firma e si prende le responsabilità, insomma ci siamo capiti.
Inoltre, lo stato consente alle nuove startup di non pagare tasse per i primi 5 anni. Lo so cosa state per dire: anche in Irlanda era così ed ora se ne stanno andando tutti… Ma a sentire i miei contatti a Singapore, complice anche una regolamentazione seria, la situazione è sotto controllo e si è creato un mercato di nuove startup.
Per esempio oggi ero al parco scientifico (che è privato, ma incentivato dall’università di Singapore) e ho contato 30 startup nel building dove mi trovavo. L’affitto di un ufficio costa sui 1.5k sg-dollars (circa 900 euro) al mese in una struttura nuovissima e con superconnessione, segretaria, casella postale, stampanti, sale riunioni, ecc ecc. Insomma, è per darvi un’idea: il costo di un metroquadro qui non è nemmeno comparabile a Milano o Roma.
Ecco, perché dico tutto questo? Perché io vorrei che questo accadesse anche in Italia. So cosa stai per rispondere: da noi non è possibile, sì ma da noi è diverso, ecc ecc. Permettimi di argomentare, perché allo stato in cui siamo in Italia direi che nulla è possibile e tutto è possibile.
Certo il mindset qui è anglosassone con base culturale asiatica, quindi stiamo parlando di cose diverse, c’è di mezzo un fattore socio-culturale, la storia che da noi è vissuta come una tradizione che non può essere sconfessata di punto in bianco, ecc ecc.
Ma tutto il mondo è diverso se ci pensi, quindi? Perché solo noi abbiamo paura di cambiare?
Alla fine penso che sostanzialmente stiamo mantenendo il passato: l’INPS, la sanità, i costi dei servizi pubblici, le aziende “da salvare” altrimenti si perdono posti di lavoro (che nel resto del mondo significano ricambio generazionale e/o normale processo di rinnovamente), ecc ecc.
Ecco, se vogliamo parlare di innovazione, tocca partire da questo concetto, secondo me: innovazione significa rompere con il passato e la tradizione. Significa aziende che chiudono e persone che perdono il posto di lavoro, per lasciare spazio a un tessuto sociale di nuove aziende e nuove professioni.
Ti sembrerò cinico, ma penso che in un modo o nell’altro ci arriveremo comunque. In realtà, ci siamo arrivati già da tempo. Tanto vale investire nel futuro, anziché continuare a mantenere il passato.
6 commenti ↓
Cinicamente… condivido, ma con un piccolo dubbio: se fosse proprio la tradizione a risultare vincente? O cambiando la forma della domanda, ma mantenendone la sostanza, dato che stiamo parlando di Asia… chi è più importante l’individuo o la società? Buon giro
ti piace giocare d’azzardo con il futuro? in asia stanno crescendo a ritmi assurdi, noi siamo fermi, anzi in recessione. in cos’è che speri ancora? miracoli? really? san gennaro?
No, non c’entra… non stavo giudicando quello che hai scritto o la tua idea, ho solo espresso un dubbio che mi è venuto vivendo li… è solo un altro punto di vista, un altro tipo di lettura …come detto cinicamente condivido… quanto a me, in realtà si adoro il rischio… mai avuto inps, articolo 18… ma questa è un’altra storia…
parliamoci chiaro, non è un posto dove vivrei, però hanno un modello di business e una pragmaticità che gli invidio (e una posizione geografica geniale, mannaggia agli inglesi, grande intuizione).
Perfettamente d’accordo… in più hanno un gran senso dell’umorismo!!
Alberto, posso dirti che ti stimo?
Sei una delle poche persone che conosco che alle parole fa seguire i fatti (spesso fatti senza parole, anche meglio).
Ce ne fossero di imprenditori come te!