Alberto Mucignat

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Ritorno sui Lucretili

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Ieri mattina presto sono tornato da solo sui monti Lucretili. La neve è scomparsa e il paesaggio è cambiato per me che lo conosco poco. Ritrovo i faggi secolari (saluto il guardiano del bosco) e scopro che a guardarli bene raccontano tante storie. Alcuni non si parlano, come vecchi amici litigiosi, forse per una partita a carte finita male, altri si separano alla radice e si sopportano a malapena.
Ne ho incontrati anche di nuovi: uno è il RE del bosco, con radici che sembrano un vestito regale, altri sono custodi di radure misteriose in cui il muschio ha ricoperto tutto: tronchi, roccie, terra.

Passando per un’enorme distesa verde a 1000 metri chiamata il “Pratone” trovo migliaia di violette e primule appena sbocciate come candeline nell’erba, branchi di cavalli liberi che galoppano vicino a me, mucche al pascolo e un vitellino irrequieto. Li evito per non disturbarli troppo, in montagna è meglio “passare in punta di piedi”.
Sulla cima del Monte Gennaro trovo degli amici, anche loro solitari appassionati di impervi sentieri. Uno di loro mi illustra le cime imbiancate in lontananza: il Monte Vittore (prossima tappa), il Terminillo, i monti della Laga e un indomito Corno Grande del Gran Sasso.

Verso le 12 iniziano a salire i “turisti della domenica”, quelli della passeggiata in scarpe da ginnastica, del pic-nic in cima con annessa caciara. Mi defilo per un sentiero poco battuto, verso nuovi incontri e scoperte.

Ripensando alla morte del Papa, dall’orgia mediatica ho filtrato un’immagine del pontefice bianco in montagna, sorridente sulla neve.
Conosciamo quel sorriso noi che bramiamo luoghi del silenzio.

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